domenica 2 luglio 2017

UNA GIORNATA UN PO' COSI'


Sono le sei di una domenica di inizio estate, e ti sei riproposto di uscire per un giro in bici. 

Non hai contattato nessuno e non sei riuscito a organizzare un gruppo, quindi sei da solo.
Hai passato una settimana fuori casa per lavoro, una di quelle settimane in cui passi ore e ore in riunioni interminabili al chiuso e con l'illuminazione elettrica, e hai proprio bisogno di un'uscita per riprendere contatto col mondo reale.
Ma la sera prima hai fatto tardi, e ti alzi col cervello in pappa. Guardi la tua donna ancora assopita, e parte da solo il ritornello "Ma chi te lo fa fare?", decantato da Giacomo Pellizzari nel suo omonimo libro.
Però sai bene  - per averli già conosciuti, per averli fatti tuoi - i benefici di ciò che ti stai imponendo di fare, e prosegui, un'occhio chiuso e uno aperto. Saggiamente hai predisposto tutto la sera prima, e con gesti sicuri e diretti riesci a fare colazione e mettere le ultime cose nello zainetto. La bici l'hai lasciata accanto alla porta, apri ed esci senza fare trambusto.
L'ultimo suono che odi è il quieto ronfare della famigliola.
Come punto di partenza ti sei posto Stradella, per un giro in Oltrepò. E' un percorso ad anello che stai cominciando a imparare bene, e a misurarne i miglioramenti. Mentre guidi ripercorri mentalmente le salite di Canneto, poi Castana, Montecalvo Versiggia, la discesa in Valle Scuropasso, la risalita al Carmine, la picchiata al Lago di Trebecco, il fugace sconfinamento in Emilia Romagna, il Piccolo Stelvio, l'entrata in Valle Versa, il Muro di Donelasco, la via principale di Montù Beccaria. Stimi di chiudere in tre ore.
Lungo la strada incontri parecchi altri ciclisti diretti nella tua stessa zona, ma tu in quel momento sei seduto in quasi due tonnellate di metallo, gomma e plastica, e curi particolarmente la distanza laterale e i limiti di velocità.
Parcheggi al tennis club, e completi il rito di preparazione: scarichi la biga e rimonti la ruota, infili le scarpe, riempi le tasche della maglia con il portafogli, la mini-pompetta, barrette, la mantellina (fa freschino), il cellulare. Chiudi tutto, infili il casco, avvii il ciclocomputer, e iniziando a pedalare cominci a scrutarti dentro, fai un esame delle tue prime sensazioni. Sei ancora intorpidito, ti senti lento, ma la giornata è favolosa, la temperatura è ideale, è domenica mattina presto e di traffico ce n'è poco. I sensi ricominciano a svegliarsi, avverti sulla pelle il tepore del sole e allo stesso tempo il frizzare dell'aria, aspiri i profumi delle essenze ravvivati da una settimana di acquazzoni. Le gambe girano, e tu stai rinascendo. Ti dirigi verso la Valle Versa in lieve falsopiano, ti serve a fare un pò il passo. Dopo una decina di minuti sulla destra appare la svolta verso Canneto: tieni lo stesso rapporto per rompere un pò il fiato e ti fai i primi 5-600 metri fuori sella. Il tuo corpo ti segue, ne sei confortato, adesso puoi sederti e impostare un regime moderato che ti faccia riscaldare, più avanti arriveranno le salite più impegnative. Arrivi in costa e attraversi borghi sonnacchiosi e deserti, la visuale inizia ad aprirsi verso le alture circostanti e la pianura a nord. Ti misuri coi mangia-e-bevi, stai imparando a non farti sorprendere e ad impostare il giusto rapporto per non rallentare nè forzare l'andatura. Adesso la tua traccia punta verso sud, e più in alto sali e maggiore è l'orizzonte che puoi abbracciare, specialmente verso il piacentino a est, alla tua sinistra, dove la dolcezza dei pendii è intessuta delle geometrie dei vigneti. La regolarità dei filari di vite ricorda un giardino zen, ma increspato, in tre dimensioni. Ti concedi un sorso ogni tanto, assieme all'ineffabile piacere di una mente che si svuota di pensieri, e si popola di percezioni.

Il tuo stato di coscienza sta mutando.

La strada si lascia addomesticare, e si porta con costanza sotto le tue ruote. Ora svolti in discesa verso la Valle Scuropasso, e i bordi delle strade sono delimitati da boschi. Ti stai esercitando per assumere una postura corretta in discesa, e migliorare quindi il controllo della tua cavalcatura, quindi manubrio in presa bassa, sedere arretrato, dita sui freni, pedale esterno schiacciato in basso e quello interno aperto di lato, a fare da contrappeso per modulare la traiettoria. Sono mesi che ti eserciti, nell'intento di affrontare e combattere le tue paure, sgradevole lascito di una recente caduta. Una volta a fondovalle il fondo stradale peggiora notevolmente, divenendo granulosissimo e abrasivo. Sobbalzi tra una buca e una toppa di asfalto. Attacchi il Carmine, e assisti agli improperi lanciati da un altro ciclista che sta scendendo, molto scontento del fondo stradale. Rilanci e ti siedi, poi ancora ti alzi sui pedali e poi rifai l'esercizio daccapo. Il tuo lavoro termina al bivio, dove fai la tua prima sosta per uno snack e per bere. Il rimanente tratto di ascesa che porta al culmine dei 600 metri del Passo è una roba da poco. Ti riposizioni in sella per gli oltre due chilometri di discesa fino al Lago di Trebecco, che stavolta affronti con molta più sicurezza. Pennelli le curve e indovini le traiettorie. Te la stai godendo un mondo. Giunto in fondo, svolti a sinistra e ti immetti sullo stradone, tanto largo quanto semideserto. Sfruttando quello zerovirgola di pendenza negativa, imprimi uno spunto alla pedalata e acceleri, accucciandoti per fendere l'aria. Incroci colonne di motociclisti domenicali, e poco dopo avere oltrepassato la Diga del Molato giungi ai piedi del Piccolo Stelvio. Ti predisponi col rapporto giusto per i suoi 19 tornanti in due chilometri, e parti in fuorisella. Non ci sono alberi, e il paese di Nibbiano alla stessa tua altezza, ma dal versante opposto della vallata, ti sembra un presepio. Il fondo stradale grazie al cielo è praticamente integro, e il tuo incedere è regolare sino al termine dell'ascesa, ad un incrocio a "T" dove svolti a destra verso la Valle Versa. Altra discesa, di nuovo mani in presa bassa, di nuovo l'esercizio da equilibrista. Entri nel terzo fondovalle della giornata, e con un sostanziale rettilineo attraversi Santa Maria della Versa. Subito dopo il "ponte" artificiale che scavalca la strada principale, quello delle Cantine "La Versa", svolti a destra e subito a sinistra. Con altri trecento metri vai a sbattere contro il Muro di Donelasco.

Per chi non lo conoscesse, il Muro di Donelasco è cosa da affrontare in due soli modi: con adeguata preparazione, innanzitutto mentale e motivazionale, oppure con la totale inconsapevolezza. Io la prima volta mi trovavo in questa seconda condizione. Il MdD è la somma di due cattiverie: una imposta da Madre Natura, che decise tanto tempo fa di porre proprio lì un colle dai fianchi scoscesi, l'altra invece aggiunta dall'uomo, che non so quanto tempo fa decise di ricavare una strada apparentemente priva di senso. Il MdD, in sintesi, è un drittone micidiale che non molla un palmo, un piano inclinato quasi perfetto, un supplizio per pochi stolti. Ti appare all'improvviso dopo una curvettina insignificante, mascherato da un alberello, e quando te lo trovi di fronte è troppo tardi, la rampa parte quasi subito. Per poter sopravvivere è necessario un atto di umiltà, e scalare al più presto tutto lo scalabile: è difficile immaginare un fuorisella. Fatto sta che al termine del MdD si ha la consapevolezza di essere passati da un'esperienza di tutto riguardo.

Col fardello del MdD nelle gambe ti ritrovi proiettato in un breve lasso sulla costa di una piacevole sequenza di colli, come sulla groppa di un gigantesco dinosauro. Il saliscendi in campo aperto, costeggiando i vigneti, prelude al termine del giro, che fino ad ora ti sei gustato ben bene. Con un'ultima svolta a sinistra imbocchi la stradina che scende verso Montù Beccaria, ma è un inganno prospettico: la strada che dapprima scende, infatti, ti porta senza soluzione di continuità ad attraversare il paese nella sua famosa via centrale, quella che si inerpica fino alla balconata-belvedere, qualche decina di metri più su. Anche lì ti prepari con un rapporto adeguato, ma la pendenza varia mano a mano che sali, e l'ultimo tratto è un autentico strappo. Ritorni in piano, sfili accanto a paesani, turisti e visitatori che si stanno godendo la visuale a est, e sai che per oggi è finita. Perchè da adesso in poi è tutta discesa, da adesso in poi senti nettamente di avere seminato per strada il torpore del mattino, i pensieri della settimana, le zavorre di cui ti sei caricato nel vivere il tuo quotidiano. 

Grazie alla bicicletta hai liberato il grano dalla pula, hai rinnovato la fioritura, hai estirpato la gramigna.

E ti senti un privilegiato, perchè queste cose puoi farle accadere ogni volta che vorrai.



 

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