mercoledì 1 febbraio 2017

LO SCIPPO

Le parole sono importanti.

Comunicano, evocano, veicolano pensieri.

Ci sono parole che, più di altre, si caricano di significati in relazione al loro potere evocativo.

E fin qua, non ho scritto nulla di nuovo o di particolarmente eccitante.

Però ci sono parole che appartengono a specifici contesti, che sono care per gruppi di persone e circolano come antonomasia di sensazioni, ricordi, esperienze.

Nel mondo del ciclismo una di queste parole è

STELVIO.

Per chi - come chi scrive - ne ha percorso i suoi quarantotto tornanti, questo vocabolo richiama immediatamente il bruciore dell'acido lattico, la rarefazione dell'altitudine, il paesaggio lunare, l'occhiata fugace in alto per adocchiare il termine della salita, lo scorrere dei cartelli numerati ad ogni curva.

La Prova, la Sfida.

Sono sensazioni sportive, la Fisiologia asservita ad una Volontà, nel cimento e nel confronto con un monumento naturale, solo parzialmente addolcito dall'opera umana, una salita a cui anche i professionisti si rivolgono dando del Voi.

E' sport, è arricchimento, è tentativo, è crescita. E' Epica.

E' misurarsi con le mastodontiche espressioni della Natura, e al contempo rispettarle.

Lo Stelvio, per chi ci ha sudato sopra ma anche chi ha palpitato guardando i professionisti farlo, è tutto questo ma anche molto di più.

Vi lascio pertanto immaginare la mia reazione quando ho visto QUESTO:





Non aggiungo altro.

Mi ritiro in silenzio.