giovedì 27 ottobre 2011

IL GOMMISTA PUSILLANIME

Ciclando in giro per l'universo mondo, recando teco ogni masserizia utile alla bisogna, può talvolta capitare di attirare l'altrui attenzione.
Partendo da Vignola Mare durante la TSNE 2011, ad esempio, ho avuto occasione di passare una buona decina di km in compagnia di uno scanzonatissimo gruppo di "seniores" a pedali, ultrasessantenni del Nord, asciutti e dal polpaccio nervoso, che hanno scelto di ultimare il loro viaggio terreno in Sardegna. E, nel frattempo, uscire in bici praticamente tutti i giorni, senza distinzione di meteo.
Discorrendo amabilmente, mentre sfrecciavamo a 20 cm da manubrio a manubrio, il panorama si è fatto più ristretto, intento com'ero ad evitare di finire a terra incastrato tra i nonnetti. In quelle condizioni, quindi, grande impatto ha avuto la frase, buttata lì con noncuranza da uno dei geronticicli: "Ma mi sa che hai la posteriore un pò sgonfia.....".
L'effetto è stato dirompente, tellurico, senza scampo: una minuscola pulce si insedia nel retroscena del cervello, lavorando autonomamente a creare disagio e fastidio.
Viaggiando in bici, infatti, uno dei fattori-chiave è la tenuta del mezzo ruotato. Un suo difetto, se sottovalutato, può condurre inaspettatamente (e Murphy insegna anche nel peggiore dei momenti) ad un'avaria ancor più grande, o addirittura a compromettere il viaggio. Per scaramanzia non menziono casi ancora peggiori derivati dal cedimento di raggi delle ruote, deformazione dei cerchioni, deterioramento dei copertoni, ricoveri e rimpatri sanitari, esequie etc....
Pervaso di fastidio alla constatazione che, effettivamente, la ruota posteriore sta lavorando più piatta del desiderato, comincio ragionare mappa al manubrio sul primo posto possibile dove dare una pompatina alla cosa.
Grazie anche al fatto che i nonni volanti mi distaccano ad una salita più pronunciata, riacquisto piena autonomia decisionale, e comincio a scrutare l'orizzonte alla ricerca di un'area di servizio.
All'ingresso di Santa Teresa di Gallura la soluzione si offre sottoforma di Gommista. Con una breve deviazione mi porto nella locale zona artigianale, e faccio il mio insolito ingresso nell'officina nuova, tecnologicamente all'avanguardia, però miseramente deserta.
Dal bugigattolo sul fondo mi adocchia colui che suppongo sia il titolare. Si avvicina incuriosito, credo immagini mi sia perso e domandi istruzioni sulla direzione da prendere. Le sue sopracciglia si inarcano ulteriormente alla mia richiesta di gonfiare le gomme.
Il personaggio sembra prendere le distanze, e sottolinea di non avere il beccuccio adatto per le biciclette. Lo rassicuro che monto camere d'aria con valvole automobilistiche (il loro nome è valvole Schrader), ma non pare sollevato dalla notizia. Anzi, scorgo cenni di fastidio.
Ma il meglio arriva quando, infilato il beccuccio sulla valvola, il manometro misura tre atmosfere e mezzo. Il sedicente gommista sobbalza ed esclama "Ohibò, ma sei già a tre e mezzo, a quanto cacchio vuoi arrivare?" (NDR: la parola "cacchio" l'ho tradotta io per educazione).
Non comprendo la sua reazione, e glielo dico. Da lui dipende la mia sicurezza in strada e cerco di non contrariarlo sebbene io non stia capendo nulla di un tale comportamento. Candidamente rispondo che mi serve arrivare perlomeno a cinque atmosfere, un valore medio calcolato il carico e la percorrenza, per un copertone che può sopportarne sei e mezzo.
In un crescendo rossiniano il supposto gommista si scalda, alza la voce, brandisce il crocefisso stracciandosi le vesti, si sta evidentemente trattenendo dal chiamare la neurodeliri. Mi allunga con rudezza il manometro invitandomi ad andare fuori e gonfiare le gomme da me, che lui non vuole perdere un occhio a causa dello scoppio della gomma.
Rimango letteralmente basito, sono già un pò stanchino per la volata in compagnia della mattinata, e cerco di calmarlo, ancora convinto di stare parlando con un tecnico di gomme e non con un giardiniere. Faccio presente che il cosiddetto valore di targa (il valore di gonfiaggio massimo riportato sul fianco del copertone) arriva fino a sei e mezzo, e pertanto non c'é nulla da temere. Rasentando il vaffanculo mi esorta sempre più vivamente a prendere il dannato manometro e andarmene fuori a ultimare l'operazione da me, aggiungendo che lui non ha mai sentito una richiesta del genere, e che a cinque atmosfere si gonfiano le gomme dei camion.
Diventa tutto chiaro: il gommista-per-caso ignora che le ruote delle bici possono arrivare anche a undici atmosfere, ed è usuale per copertoni medi un gonfiaggio a otto-nove. Pertanto non è un gommista, inteso come uno che CONOSCE gli pneumatici, è un tizio in tuta che monta e smonta cerchioni con le mani sconnesse dal cervello.

Siccome ho il carattere che mi ritrovo, ovvero pessimo, e non mi voglio rovinare il viaggio baccagliando con gli ignoranti, conto fino a tremila, faccio due respiri profondi, e lo mando a quel paese. Chiedo cortesemente scusa per il disturbo, riconsegno il tutto e lascio la scena con ordine, accompagnato dai brontolii in allontanamento dello pseudo-gommista.
Probabilmente gli ho lasciato il ricordo di un episodio da riferire agli amici al bar ("Ehi, ragazzi, sentite un pò cosa mi è successo oggi!!!"), ma spero per lui che la sua sopravvivenza non dipenda dalla sua cortesia, altrimento è destinato a morir di fame.
Un distributore duecento metri più in là soddisfa appieno l'esigenza, ed il viaggio può continuare più scorrevole di prima, verso mille nuove incredibili avventure.

"Chi non sa sorridere non dovrebbe aprire un negozio" (Proverbio arabo).

venerdì 14 ottobre 2011

TRANSARDINIA NORTHEAST 2011


E un altro viaggio è terminato.
Stavolta è stato il giro della costa nordest della Sardegna, da Porto Torres a Vignola Mare, poi Palau passando da S.Teresa di Gallura e toccando La Maddalena e Caprera (vai e torna in traghetto in tre ore), e ancora S.Teodoro evitando accuratamente la Costa Smeralda, quindi Cala Liberotto, Oliena e finalmente Austis. Dopo due giorni di sosta, con un piccolo sforzo, sono sceso ad Abbasanta per prendere il treno che mi avrebbe riportato a Porto Torres.

510 km in otto tappe, con una media di 63 km a tappa.

4500 metri di salita cumulata negli 8 giorni, con 1150 nella sola tappa da Oliena ad Austis.

Tante le persone con cui sono venuto in contatto, soprattutto stranieri ammirati per la sfida.

Tre regali ricevuti: una tavoletta di cioccolato fattami trovare sulla bici da ignoti a Palau, un torroncino dalle vicine di tenda a Cala Liberotto, e un ingresso scontato al Villaggio Nuragico di Serra 'e Orrios a Oliena.

Un numero consistente di commenti del tipo "ma sei scemo?" o "ma tu sei fuori" da parte di amici e conoscenti, prima della partenza, durante il giro e dopo il ritorno.

Un temporale scampato alle prime luci dell'alba, andando via da Cala Liberotto.

Un acquazzone quasi preso alla sorgente di Su Gologone, arrivando a Oliena.

Pochissimi appunti presi, li svilupperò con pazienza poi.

Un certo numero di assalti da parte di cani-pastore stupidi come pietre, che continuavano a rincorrermi abbaiando anche dopo avere oltrepassato il loro gregge di duecento metri.

Punto  più alto (geograficamente parlando) toccato a Fonni, 985 metri di altitudine.

Punto più basso (moralmente parlando) toccato tra Olbia e S.Teodoro, a causa di un errore madornale di rotta che, anziché verso la costa, mi ha portato sulle noiosissime montagne dell'entroterra, costeggiando i piloni di una superstrada e giocandomi la tappa del giorno (che nelle intenzioni doveva essere il comodo panorama costiero) e anche il ginocchio destro che da quel momento in poi ha cominciato a dolere.

Tanto sole, e tanta fortuna per il meteo di quei giorni.

Tanti posti nuovi, altri posti conosciuti da giovane, altri arcinoti ma mai pedalati.

Nuove conoscenze ad Austis, la mia seconda casa ma la mia prima radice.

Ma, soprattutto, la consapevolezza che la Barbagia, come la stima dei suoi abitanti, te la devi meritare.
Te la devi conquistare.
Te la devi sudare.
La zona più dolce e selvaggia d'Italia mi ha consentito di accedere ai suoi intimi tesori, da solo e in bicicletta, perché mi ha riconosciuto come fatto della sua stessa materia.
La regione nella regione, l'isola nell'isola che ha stroncato impietosamente anche i tentativi di penetrazione dell'Impero Romano, ti si concede solo se la rispetti, e l'unico modo possibile è la meticolosa lentezza che solo la bici permette.

Se hai intenzione di raggiungere Austis scegliendo di passare per Tiana e Teti, lungo una tratta che sale ininterrottamente per 12 km in conclusione di una tappa di 75 km già movimentata di suo, e all'arrivo vuoi conservare il sorriso, l'unico atteggiamento che ti salva dall'annientamento è l'umiltà.

E una volta arrivato ad Austis, il sorriso non se ne va più via, e ti rimane nel cuore anche dopo che sei ripartito.

Le foto le trovate qui